
Ordine e caos: tra crisi ed opportunità
“Il caos è solo ordine che attende di essere decifrato”
Mi viene in mente questa frase di José Saramago dopo aver conosciuto Federica in stanza di terapia, una giovane ragazza di 25 anni che ha appena terminato gli studi universitari.
“Sono sempre stata una persona determinata, dalle idee chiare ma adesso mi sento solo confusa: mi sembra di vivere in un grande caos in cui non so dove andare!” è quanto mi dice nel nostro primo incontro.
A chi non è mai capitato di avere un vissuto simile?
A chi non è mai capitato di fermarsi un momento nella vita, e non sapere da che parte andare?
Che caos terribile!
Confusione, senso di smarrimento, sensazione di aver perso un equilibrio, ma anche paura, immobilità, insicurezza…questi sono alcuni dei vissuti emotivi che ci accompagnano nei momenti di “grande caos” – come li definisce Federica – e che possono generare malessere, fino ad innescare a volte dei momenti di crisi davanti ai quali ci si sente privi di risorse.
Frequentemente sono momenti legati a passaggi di vita e di crescita importanti: la fine del percorso universitario, l’inizio di un nuovo lavoro, un trasferimento in una città diversa…fasi e situazioni in cui si deve “abbandonare” un equilibrio ed un assetto precedente per costruire un “ordine” totalmente inedito.
In questo scenario, vissuti di confusione, incertezza e paura sono fisiologici e non sempre del tutto negativi!
Il caos: una grande opportunità!
I momenti di confusione possono rappresentare si dei momenti di “rottura” rispetto al passato, ma anche degli straordinari momenti di crescita, dei veri e propri “salti evolutivi”.
È importante, innanzitutto, avere il coraggio di liberarsi dalla pressione – interna e/o esterna – di trovare una soluzione immediata, che spesso ci spinge verso scelte e direzioni poco in sintonia con quello che siamo e che desideriamo essere.
Concedersi la possibilità di fermarsi significa darsi una preziosa occasione di ascolto di se stessi e delle proprie emozioni, per riuscire a cogliere e definire con maggiore chiarezza i propri bisogni e desideri: in un certo senso, “ristabilire” il proprio baricentro.
È grazie a questo ascolto che è possibile dare spazio alle proprie risorse e alla propria creatività che permette di formulare un proprio personale “ordine”, in cui elementi della propria esperienza passata si intrecciano con il nuovo, giungendo ad una maggiore e più chiara definizione di sé.
Perché in fondo, come sosteneva Nietzsche, “bisogna avere un caos dentro di sé per dare vita ad una stella danzante”.

Intelligenza emotiva: una chiave per il futuro!
Come dimostrato da numerose ricerche, i bambini più sereni, più sicuri di sé, migliori a scuola e anche più felici sono quelli con un’intelligenza emotiva più sviluppata. E non solo: sono anche coloro che, da adulti, sapranno affrontare in maniera efficace tutte le difficoltà e le sfide che la vita porrà loro dinanzi. Utilizzando quindi un’espressione di Howard Gardner, si può dire senza ombra di dubbio che l’intelligenza emotiva sia una vera e propria “chiave per il futuro”!
Intelligenti emotivi si nasce o si diventa?
Anche su questo le ricerche sono concordi: l’intelligenza emotiva, ovvero la capacità di riconoscere, comprendere utilizzare e gestire in modo consapevole le emozioni proprie ed altrui, – essere insegnata, in famiglia e a scuola.
Secondo gli psicologi dello sviluppo, genitori, insegnanti ed educatori possono rappresentare dei veri e propri “allenatori emotivi”, nel momento in cui si mostrano capaci di parlare dei propri sentimenti, di dare loro un nome e di trovare una soluzione all’emozione negativa. Viceversa, un atteggiamento che sminuisce, rimprovera o non fornisce una guida all’ espressione delle emozioni, impedisce al bambino di instaurare un rapporto sereno con la propria sfera affettiva, esponendolo al rischio di problematiche comportamentali e psicologiche future.
Ma cosa fa concretamente un allenatore emotivo?
Cerca di comprendere la causa dell’emozione
È molto difficile che un bambino riesca ad identificare con precisione la causa del suo stato emotivo: spetta quindi al genitore riuscire a mettersi nei suoi panni per cercare di comprendere quale evento possa essere all’origine della sua emozione (la nascita di un fratellino, il litigio con un amico, l’ingresso alla scuola materna, un insuccesso scolastico…)
Considera ogni emozione negativa come una buona occasione per allenare il proprio figlio e ascoltarlo senza dare giudizi né soluzioni
Davanti alle manifestazioni emotive del bambino, non bisogna arrabbiarsi, spaventarsi e lasciarsi travolgere da emozioni negative…
Sedersi alla sua altezza, parlargli in modo rilassato, dedicargli del tempo, dimostrare di capire cosa prova, senza sminuire, criticare o ignorare le manifestazioni emotive del bambino sono piccole azioni concrete che rimandano al bambino quanto la propria emozione abbia valore e vada accolta ed ascoltata.
Aiuta il bambino a definire le emozioni che prova
Le sensazioni emotive possono risultare confuse, poco chiare, e quindi spaventose per un bambino se non c’è un nome con cui chiamarle. È importante quindi che parole come tristezza, noia, paura, rabbia…entrino a far parte del vocabolario quotidiano: dare un nome alle emozioni ha inoltre un effetto rasserenante sul sistema nervoso e aiuta ad uscire più in fretta dallo stato d turbamento.
Pone dei limiti ai comportamenti sbagliati e aiuta il bambino a trovare da solo una soluzione alternativa
Se da una parte bisogna accogliere l’emozione negativa, dall’altra è necessario far capire al bambino come alcuni comportamenti sono inaccettabili, senza ricorrere ad azioni che possono mortificarlo (urla, punizioni), ma incoraggiandolo a trovare soluzioni alternative, ad esempio con frasi come “capisco che Marco ti ha fatto arrabbiare perché ti ha preso la macchinina, ma non va bene che lo picchi per questo. Cosa potresti fare?”La ricerca di soluzioni alternative accettabili può essere facilitata attraverso un gioco che metta in scena l’accaduto o, per i bambini più grandi, attraverso la stesura di una lista. Può essere utile anche ricordare al bambino situazioni passate simili fronteggiate con successo, o raccontare la propria esperienza in circostanze analoghe.Dopo aver individuato delle soluzioni, bisogna accompagnare il bambino nella scelta della soluzione migliore, aiutandolo ad immaginare come si sentiranno lui e gli altri dopo quel comportamento: “come ti sentiresti dopo aver fatto così?, come si sentirebbero gli altri?”. La scelta del bambino deve essere assolutamente libera: il fallimento offre un importante opportunità per imparare, quando c’è accanto un adulto pronto a sostenere e che incoraggia a sperimentare un’altra alternativa!
Insegnare ai bambini a conoscere, gestire ed utilizzare le proprie emozioni significa equipaggiarli di una competenza che permetterà loro di essere non solo dei bambini e degli adulti più sereni, ma anche più protetti rispetto al rischio di future problematiche psicologiche e comportamentali. Inoltre, offre anche all’adulto una preziosa occasione per continuare ad allenare la propria intelligenza emotiva, in quello scambio arricchente che rende così affascinante l’educazione e la crescita dei più piccoli.
Bibliografia:
– D. Goleman, “L’intelligenza emotiva”, Rizzoli, Milano, 1996
– J. Gottman, J. De Claire, “Intelligenza emotiva per un figlio”, Biblioteca Univ. Rizzoli, Bologna, 2001
– P. Paoletti, “Alla scoperta delle emozioni”, Infinito Edizioni, Milano, 2009