
Fuorisede: in equilibrio continuo tra perdite e nuove conquiste
Il termine “fuorisede” può richiamare alla mente tematiche diverse: quella del viaggio, dell’alternarsi tra due città per mantenere le proprie origini ed investire sul proprio futuro; quella della libertà e della miriade di nuove opportunità a disposizione; quella del caos e dello smarrimento dato dal trovarsi catapultati in un posto nuovo con nuove regole e richieste; quella della responsabilità che improvvisamente si è costretti ad assumersi per far fronte agli obblighi del percorso di studi e della vita quotidiana; quella della ricerca di sé, frutto delle sfide quotidiane che questo cambiamento impone e dal confronto con i propri limiti e possibilità.
Trasferirsi in una nuova città per intraprendere un percorso di studi, è una scelta complessa, che porta con sé, in misura diversa per ciascuno, tutti questi aspetti e forse anche altri. Si tratta di una decisione importante, dettata dalla mancanza nel proprio paese, di possibilità adeguate a soddisfare i propri desideri, o dalla costatazione che sia l’unica reale alternativa per costruirsi un futuro o dalla necessità di allontanarsi da casa, dagli obblighi e dalle pressioni del proprio contesto di appartenenza, per sentirsi liberi di vivere la propria vita.
Al di là di quale motivazione ci sia alla base, diventare studente fuorisede implica una serie di cambiamenti, sia interni che esterni, che rendono questa condizione molto delicata.
Scegliere di cambiare città comporta dunque il doversi confrontare con temi importanti, come la separazione dai familiari e dagli amici, la realizzazione di sé, lo sviluppo di una propria indipendenza e, la sua contro parte, la capacità di affrontare il senso di solitudine. Il trasferimento, anche quando, nel migliore dei casi, è sostenuto dalle persone care e da una forte motivazione, viene affrontato con vissuti contrastanti che possono essere ricondotti al “dolore della perdita di ciò che si lascia e la speranza-fiducia di ciò che si acquista” (Scabini, Cigoli, 2000). Molto spesso si lascia prevalere uno dei due aspetti, dedicando tutte le energie nella costruzione della nuova vita o dando spazio esclusivamente ai sentimenti legati al distacco. Si tratta di due comportamenti che escludono vicendevolmente il passato o il futuro e che possono, in modo diverso, comportare dei disagi.
Un rischio a cui molte volte si va incontro, è quello di facilitare la separazione negando l’intensità del legame con le proprie radici, cambiando bruscamente la qualità della relazione con le persone di riferimento, procurando così, una frattura nei processi di appartenenza al nucleo familiare. La distanza fisica può, dunque, affiancarsi ad un allontanamento interiore, che spesso si realizza fingendo, a se stessi e agli altri, una completa autonomia nell’affrontare e gestire al meglio ogni situazione, senza aver bisogno di nessuno. In realtà questo atteggiamento nasconde una profonda fragilità che può venir fuori in forme diverse.
Meno celata, invece, la sofferenza di chi vive il trasferimento nel solo aspetto del distacco. I sentimenti suscitati dalla perdita della “vita precedente” non permettono di intravedere quanto si possa ricevere dall’esperienza che si sta vivendo nel presente.
La mancanza dei propri affetti può minare la capacità di ricostruirsi una quotidianità senza la presenza dei propri punti fermi. Inoltre può essere difficile apportare dei cambiamenti a livello personale per rispondere alle richieste di questo fase di vita. Potrebbe essere necessario assumersi delle responsabilità che fino a quel momento erano viste come lontane e la capacità di essere autonomi, di “riuscire a farcela da soli”, dovrebbe subire un rapido sviluppo. Affrettare i tempi dei consueti passaggi evolutivi può, però, non essere una scelta possibile in quel momento perché percepita come prematura. Tutto ciò rende faticoso l’inserimento nel nuovo contesto e le richieste dettate dal trasferimento possono essere vissute come troppo difficili. Gli ostacoli incontrati, talvolta, comportano la messa in discussione della scelta fatta ed anche delle proprie capacità.
Gli studenti si trovano, quindi, a vivere un momento molto complesso della propria vita, in cui è indispensabile riuscire a tenere insieme passato, presente e futuro.
Dare spazio ai propri vissuti, può facilitare il processo di adattamento alla nuova realtà. In particolare potrebbe essere utile esplorare le proprie paure ed i propri conflitti per affrontare il cambiamento con maggiore consapevolezza. Anche cercare di mantenere una continuità tra le esperienze passate e quelle attuali può aiutare a concentrarsi meno sulle differenze e maggiormente sui propri desideri ed i propri bisogni. Ad esempio può essere utile continuare ad alimentare le proprie passioni o conservare alcune abitudini personali.
Si tratta sicuramente di un momento molto delicato, in cui desideri e paure si alternano costantemente. Averli chiari e saperli distinguere, può aiutare a vivere il cambiamento non come una minaccia ma come un’occasione di crescita, in cui poter scoprire risorse personali e nuovi bisogni.
Bibliografia
Scabini E., Cigoli V. (2000). Il famigliare. Legami, simboli e transizioni. Milano: Raffaello Cortina.
Bowen M. (1979). Dalla famiglia all’individuo. Roma: Astrolabio.